Recensione

SAMP (Attenti a quei due) di Flavia Mastrella e Antonio Rezza

Qualche tempo fa abbiamo avuto modo di incappare in Samp, il film on the road scritto e diretto da Flavia Mastrella e Antonio Rezza e girato in Puglia, terra densa di tradizioni arcaiche, messapiche e greche mescolate a una modernità inflitta con la violenza dal potere economico. 

È utile effettuare una premessa, indispensabile per argomentare: affrontare quei due è una battaglia persa in partenza, non esistono nomenclature o classificazioni, nessuno può inserirli in una linea di appartenenza. Chi lo fa commette un grave errore di presunzione perché non ammette la propria inadeguatezza, perché questo è un lungometraggio che sceglie di annullare il principale punto di riferimento sociale, cioè il metro, la misura.

Questa indispensabile prova d’autore vìola un altro punto di convergenza, la trama che non segue alcun tipo di cronologia; non c’è trama ma si trema. Se rispettate voi stessi, come io rispetto me, dovreste affrettarvi a digitare il tasto “reset” nella vostra mente. È un efficace espediente per ottenere un atteggiamento costruttivo che vi permetterà di apprezzare al meglio la successione fonetica delle immagini per ottenere quantomeno una gamma visiva genuina e impersonale.

Il film è inafferrabile, scivola nel preciso momento in cui si crede di tenerlo in mano, disorienta e mette a disagio. Le inquadrature, la sovrapposizione sonora, i movimenti; si potrebbe dire che si è vittima di uno spasmogramma primitivo.

Allora si obietterà: “ma non andrò mai a vedere una cosa del genere!”

Così facendo cari cinefili commetterete il vero peccato originale; perché è proprio l’assenza di opere come questa che ha permesso alla mediocrità di primeggiare in ogni dove e di togliere, nel tempo, l’ambiente idoneo per diffondere cultura senza ingerenze esterne, permettendo la proliferazione solo di progetti ad alto tasso di intrattenimento domestico, conditi da una propaganda musicale che rabbonisce al limite della stupidità e inquinati dalla tirannia d’un amore tecnologico che fa godere a distanza; intenti questi che si possono percepire se accettate d’essere scomodati, dato che la sola comodità  consentita verrà offerta dalla poltrona della sala.

Le riprese mostrano carnalità, tocco, voglia d’abbracciare seguendo l’ictus dei “circensi” (perché non da attori è animato questo film) lungo l’altalena prodotta da un ritmo polimorfico musicato dall’improvvisazione senza mai perdere il controllo delle scene. La spontaneità come processo di bellezza che rifiuta i canoni estetici, praticando lo stesso atteggiamento dei bambini che considerano il bello funzionale ai loro scopi e con la fantasia spezzettano la realtà in frammenti di intesa che non trova rispondenza esattamente perché non la vuole.

Samp-Rezza è un killer che tronca il cordone ombelicale genitoriale e che elimina progressivamente anziani annoiati e giovani eredi e cioè chi ha voluto la tradizione e chi la proseguirà. Un proposito definitivo che non ha nulla a che vedere con la malvagità, piuttosto è uno schiaffo dato sul bel muso del decoro che offre un immutato e immutabile manierismo, ingessando intere generazioni di creativi e imborghesendo ormai l’intero tessuto urbano fino al midollo.

Samp-Rezza, l’indipendente, il reietto, il nervo scoperto del corpo sociale; proprio questo è il modo, forse, per effettuare quel reset. Aprite gli occhi, scoprite i nervi, perché vi sarà impossibile provare a immedesimarvi in un ruolo. Questo film non ha sceneggiatura, non ha copione è come bere caffè e latte dalle mammelle di una quasi madonna dopo aver ucciso la propria madre (una delle scene del film). Esiste un disturbo maggiore di questo?

 

 

by Roberto “Iago” Sannino

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