La tradizione celtica narra di matrimoni suggellati da anelli che portavano inciso Gra Go Deo: Amare Per Sempre. Le pagine di questa opera, di Massimo Simonini, parlano di un Per Sempre, improbabile seppur vero, perché esiste Sempre una possibilità, una realtà personale, una precisa rivendicazione d’esistenza.
Non sarebbe corretto parlare di favola e neanche di fiaba, piuttosto di una “fiabola”, un ibrido quindi che partendo dal tempo comune ci trasporta in un tempo privato, originale, vero. Lo fa contrapponendo i due personaggi principali, un uomo dalle scarpe bianche e una pecora chiamata Fionnuala, con un orecchio storto e una macchia di vernice celeste sul dorso. L’elemento catalizzatore è una panchina, punto di incontro tra i due, luogo pubblico di riflessione per antonomasia, da dove si può guardare senza essere visti.
Un oggetto che offre discrezione anche in una piazza molto affollata e che favorisce un’indagine programmata dello spazio in condivisione. Solo nei pressi di quella panchina i due riescono a parlare e a capirsi, in un crescendo di complicità che li porterà alla piena comprensione di loro stessi.
Le atmosfere impreziosiscono e sostengono l’intera trama. Ci troviamo in Irlanda, posto magico e surreale, scelto dal protagonista per allontanarsi da un tipo di vita imposto dalla tradizione e dal consolidamento d’uso del ceto borghese.
Abilmente l’autore crea dialoghi fertili dove l’incedere del tempo viene fermato; tutto appare bloccato ma in un sistema di interazioni dinamico ritmato dal ciclo naturale, che è appunto eterno.
In questa eternità gli spunti di riflessione si alternano: Esistono persone che scelgono di fare le cose molto prima di farle, agire e basta, dice la pecora, ammettendo la semplicità della sua esistenza, che al termine verrà riscattata grazie alla vicinanza dell’uomo, a sua volta rigenerato dal vortice empatico messo in atto dall’animale.
I due possono essere considerati come atteggiamenti di una stessa persona, lavorando all’unisono per uno stesso scopo: trovare una continuità tra solitudine e libertà. Temi molto attuali che Da Sempre (Go Deo) hanno indotto l’essere umano a escogitare una linea di adattabilità sostenibile per non sprofondare nell’abisso della noia e della superficialità.
Nella solitudine si è spettatori e non protagonisti, profetica riflessione dell’uomo, pungolato dalle scomode domande della pecora. La libertà è accettare il proprio posto nel mondo, pensiero illuminato di un erbivoro che sta per scoprire l’accettazione del sé per poi effettuare il salto verso una consapevolezza diversa, intesa come nuova domiciliazione in un corpo percettivo, sede della memoria storica.
Altri passi del romanzo ci impongono una sosta in cui il pensiero scontato si infrange contro un’apparente semplice affermazione: cercare un posto dove puoi fare a meno di cambiare, punto focale di alto ingegno che fa emergere l’inossidabile volontà dell’uomo di non soccombere di fronte ad una società capovolta, disillusa e cinica.
La narrazione è accompagnata dalla presenza di tavole, contributo di Jonathan Guidotti Moral, molto appropriate perché seguono il richiamo alla sensorialità, i disegni sono appena accennati, tocchi qui e la, linee leggere e utili per offrire le giuste pause di lettura a questa vicenda che dovrebbe essere intesa come un progressivo avvicinamento alla riconciliazione, lui con la donna della sua vita che lo rintraccia dopo la sua fuga, ritrovandolo sereno, realizzato e pronto a riprendere il cammino interrotto. L’animale con la sua terra, i suoi simili e una felicità conquistata, voluta, che si fa eternità oltre il tempo e dentro le immagini ricorrenti, in una sorta di germinazione perpetua.
Meglio un giorno da leone che cento da pecora, vero!
Se un giorno, però, vi capiterà di incontrare una pecora con un orecchio storto e una macchia di vernice sul dorso, state molto attenti, di quel proverbio non rimarrà traccia e allora, forse, sarete pronti per affrontare il vostro viaggio, d’altronde Per Sempre è soltanto un altro limite da superare.
by Roberto “Iago” Sannino
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