Logos Zanzotto, il documentario per la regia di Denis Brotto, professore associato presso l’Università di Padova nell’ambito degli studi sul cinema, dedicato al poeta nell’anno del centenario della sua nascita (10 ottobre 1921, a Pieve di Soligo, Treviso), è il perfetto connubio fra poesia e arte visiva.
Il titolo non potrebbe essere più adeguato, una crasi tra locus amoenus e la parola/il pensiero (logos) di Andrea Zanzotto. Quella voce posta a ruolo narrante di quest’opera celebrativa, attraverso le varie interviste realizzate nel corso della sua vita.
Se, come ci insegna il poeta, “La poesia in generale opera in ambienti piuttosto oscuri e carsici, luoghi appartati”, le immagini che le vengono accostate da Brotto sono la perfetta rappresentazione di questa verità universale.
Il documentario, infatti, si propone non solo di ripercorrere l’opera dell’artista, ma anche di riscoprire il suo immenso valore poetico e visivo, andando incontro allo spettatore, aiutandolo a delinearne le immagini e restituendogli la rappresentazione del paesaggio, del locus amoenus.
La poesia viene rappresentata anche come una sorta di fuga, che però arricchisce, nutre l’anima. Si vede quindi tutto il fascinoso dualismo dell’arte poetica, che sa essere oscura, profonda, a tratti algida e carsica, ma anche feconda e materna, allo stesso tempo.
Innegabile, infatti, la spiccata sensibilità per la natura, tra i componenti essenziali dell’opera Zanzottiana. Probabilmente, in parte, a causa dell’influsso determinato dalla figura paterna, che fu miniaturista e pittore e gli insegnò l’inquieto gusto figurativo che tanto spicca e si accompagna alle immagini scelte da Brotto.
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