La recensione di Ginger Magazine
C’è qualcosa di epico, di profondamente letterario, nella figura di Gigi Miracol. Un nome che sembra uscito da un racconto popolare, ma che appartiene a un uomo reale, fatto di carne, cicatrici e poesia. Nel documentario di Dimitri Feltrin per Zetagroup, Gigi Miracol – Ritratto di un uomo libero, ci troviamo davanti a un viaggiatore contemporaneo che ha scelto di fare della libertà il proprio mestiere. Non un eroe, non un ribelle fine a sé stesso, ma un uomo che ha deciso di vivere oltre le convenzioni, tra vigneti, versi in dialetto e strade sterrate che non portano da nessuna parte se non a nuove esperienze.
Feltrin non costruisce un racconto classico, con una parabola chiara o un punto d’arrivo: la sua macchina da presa segue Gigi senza invadere, osserva senza forzare. L’approccio è radicalmente documentaristico, la telecamera si insinua nel camper del protagonista, raccoglie la polvere dei suoi spostamenti, cattura i silenzi e le parole scandite con la stessa cadenza con cui si lavora la terra.
Gigi non è solo un vignaiolo itinerante o un saltimbanco che sputa fuoco nelle piazze, è un uomo che si è spogliato di ogni sovrastruttura, che ha lasciato dietro di sé tutto ciò che rende il mondo prevedibile. La natura, in questo film, non è solo sfondo ma co-protagonista: le stagioni si susseguono senza fretta, il tempo viene scandito dal vento tra i filari e dalla luce che muta sulle colline venete.
La colonna sonora, con il jazz di Walter Bertolo e i brani dialettali dei Do’Storieski, si intreccia con il racconto di Gigi, facendo emergere ancora di più il fascino di un personaggio che vive tra la malinconia e la celebrazione del presente. Il documentario di Feltrin non cerca facili sentimentalismi, né tantomeno la spettacolarizzazione della diversità: restituisce, con rispetto e lucidità, la vita di un uomo che ha fatto del tempo un alleato e non un nemico.
E così, seguendo Gigi fino alla celebrazione del suo settantesimo compleanno, ci rendiamo conto che la sua storia non è solo quella di un outsider, ma di un individuo che incarna un desiderio universale: quello di essere liberi, davvero, senza mai smettere di ascoltare il respiro della terra.
Irene Santopadre