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LE STORIE CANTATE DI GRAZIELLA ANTONUCCI

Domenica 27 Settembre ore 17.00 presso il Salone d’onore di Palazzo Braschi (Piazza Navona, 2- Ingresso libero ai visitatori del Museo muniti di biglietto fino ad esaurimento posti disponibili – Info 060608 www.museodiroma.it) Graziella Antonucci (voce) presenterà il suo nuovo progetto musicale discografico, C’era ‘na principissa. Al suo fianco, alla chitarra, sarà il fedele Marco Quintiliani.
La raccolta dei canti proposti in questo concerto è frutto di una laboriosa ricerca svolta da Graziella Antonucci, sia sul campo, sia presso l’Archivio della Discoteca di Stato di Roma (CNBSA). Si tratta di canti antichi, per lo più in dialetto, e tramandati oralmente da generazioni. Nascono nelle campagne, nelle risaie, nelle fabbriche, nelle carceri e nelle osterie e raccontano momenti di vita quotidiana. Sono canti che parlano d’amore, di lavoro, della condizione della donna, di religione, ma anche di guerra.
Abbiamo voluto farle alcune domande sul suo lavoro e sulla sua ricerca.

Fra fiaba, storia e cruda cronaca: da anni fai una ricerca sulla canzone popolare. Quali sono i confini secondo te fra narrazione dei fatti e fantasia nelle storie che hai raccontato in questi anni?
Dei confini ci sono, certo: i fatti sono reali, veramente accaduti, ma vengono proposti e narrati secondo la mentalità e i modi di dire della gente dei vari luoghi da cui provengono i canti, per lo più in dialetto. I personaggi, quindi, parlano e si muovono, come nei romanzi, diretti dall’autore del testo: sempre vivi, spesso attuali, soprattutto se si pensa al perpetuarsi dei femminicidi; in molti casi estremamente toccanti come, ad esempio, le Passioni dove la Madonna viene rappresentata come una madre qualsiasi che piange e si dispera per il figlio morto…
Hai incontrato numerosi personaggi: quali ti hanno colpita di più e perché?
Il personaggio che più mi ha colpito nelle mie lunghe ricerche è Cecilia, la cui tragedia potrebbe risalire, secondo Costantino Nigra (sec. XIX), al sec. XVI. La storia, in breve, è questa: Cecilia si concede al capitano per salvare il marito condannato a morte, ma viene tradita e il suo uomo muore. Esistono tante versioni, nei vari dialetti e con finali diversi, a seconda delle regioni di origine: la Cecilia veneta esprime a parole la sua rabbia impotente, quella piemontese muore di dolore, ce n’è una toscana che dà malinconicamente l’addio al suo paese, la Cecilia romana si vendica uccidendo il Capitano e finisce in prigione, la Cecilia di Artena-RM (versione lunghissima da me raccolta sul campo da una donna del posto) uccide il Capitano e si suicida, precorrendo la vicenda, nella musica colta, di Tosca…Sono tutte molto coinvolgenti. E ne esistono altre.

Nel tuo nuovo disco sei andata alla ricerca di canti pescati nel quotidiano, nel vissuto di tutti i giorni? Vorresti spiegarci che differenza c’è rispetto ai tuoi numerosi lavori precedenti?
Ho sempre scelto un tema, un filo conduttore per i miei CD (10): la guerra (a partire dall’età napoleonica alla Resistenza, passando per il Risorgimento e la Grande Guerra), la protesta, il lavoro e l’emigrazione, la religione, la condizione femminile…
Per il mio ultimo CD, Fuoco e mitragliatrici-Canti della I Guerra mondiale, la ricerca è stata, oltre che interessante, particolarmente commovente, perché pensavo anche ai miei due nonni che hanno combattuto nella Prima Guerra mondiale e alle terribili sofferenze che hanno patito, alle atrocità di cui sono stati testimoni. Ma di cui non amavano parlare.
In C’era ‘na principissa ho scelto una serie di antichi canti popolari che si riferiscono ai vari aspetti della vita quotidiana e rievocano i sentimenti di gente vissuta prima di noi.

Quali ambiti ancora non hai trattato e vorresti affrontare nel futuro?
Nel futuro mi piacerebbe fare una raccolta di sole canzoni narrative, quelle che, con un andamento quasi parlato (molte si cantano “a cappella”), raccontano storie di amore, di tradimenti, di eroismi, di guerra…