C’era una volta, nel bel mezzo del vecchio continente, una città separata da una fortificazione fatta di cemento armato grigio.
Un’esibizione mondiale di divisione ed odio reciproco.
Berlino è stata dipinta in questo modo fino pochi anni fa. Pochissimi. La profonda cicatrice che ha dato inizio alla rinascita della metropoli è materialmente rappresentata dalla linea di mattoni pavimentati che taglia la città, e che disegna il perimetro della vecchia cinta muraria.
La capitale è stata praticamente rasa al suolo durante la guerra. Ciò spiega la diffusa presenza di cantieri e palazzi in costruzione, volti ad effettuare sia manutenzione su vecchi edifici sia l’innalzamento di nuove opere.
Effettivamente la crescita ed il cambiamento di Berlino, in senso geografico e culturale, sono tangibili.
Musei, concerti e teatri, mischiate alla street art e all’identità underground, sono tutte parole chiave se si parla di una città con un’apertura internazionale completa.
La Germania di certo non è famosa nel mondo per il suo cibo o i suoi monumenti. Nonostante ciò, Berlino si è costruita un’immagine furbamente iconica: tutti i migliori ristoranti in città cucinano piatti di altri paesi (taiwanesi, messicani, italiani, turchi), e le zone turistiche sono basate completamente sulle conseguenze della guerra (il Muro, bunker sotterranei trasformati in musei, chiese bombardate e ristrutturate solo parzialmente).
Questa mentalità ampiamente diffusa ha scacciato le tensioni dell’integrazione. La tolleranza e l’apertura hanno fatto in modo che valori come partecipazione e cura della cosa pubblica fossero largamente condivisi. Con la conseguenza che, in una città che conta tre milioni e mezzo di persone, non ci siano mai né traffico né congestioni. I mezzi pubblici sono usati tanto dagli operai quanto dai manager, e questo raffigura l’assenza, o la presenza minima, di disuguaglianze sociali.
Berlino è diventata in ogni caso una tipica capitale iperconsumista del nord Europa. Mischia pareti dipinte da arcobaleni di colori artificiali con gente accogliente ma che conserva in fondo una malinconia che rispecchia le sue grigie nuvole di agosto ed un passato che ha lasciato una cicatrice lunga e profondissima.