Quattro chiacchiere con Patrizio Cigliano, prof. di Recitazione al “Collegio” di Rai Due, che recita al Gigi Proietti Globe Theatre un ruolo da donna!
Per il pubblico televisivo è il Professore (anzi Maestro) di recitazione della scorsa edizione del “Collegio”, ma dal suo curriculum scopriamo che Patrizio Cigliano è da 35 anni un acclamato attore di teatro, drammaturgo e regista, e ha lavorato con le più grandi personalità della scena italiana. E allora siamo andati a vederlo nella meravigliosa cornice del Globe Theatre (dal 17 settembre al 3 ottobre), appena intitolato al suo indimenticabile fondatore Gigi Proietti.
E qui siamo rimasti senza fiato, perché – oltre a vedere uno spettacolo strabiliante – lo abbiamo trovato… vestito da donna. Ma con la barba. E subito abbiamo ripensato al film “Shakespeare in love”, che ci ha ricordato che ai tempi del Globe londinese, le attrici non esistevano, quindi tutti i ruoli, anche femminili, erano interpretati da attori maschi. Subito ci siamo disposti in un ascolto più intellettuale, ma ben presto abbiamo dovuto cedere alla grande forza pop dello spettacolo, pieno di trovate e molto molto comico.
“Falstaff e le allegre comari di Windsor” ha una storia semplicissima: c’è un corpulento spaccone (Antonino Iuorio, bravissimo nella sua prosopopea ma anche nella toccante fragilità) che per alzare le sue rendite in difficoltà, cerca di sedurre due donne, ricche e sposate. Ma loro sono amiche, se lo dicono, e decidono di punire la sua spregiudicatezza con degli scherzi terribili. Tutto questo, infarcito di personaggi opportunisti, folli, innamorati e buffi, e punteggiato dagli eccessi di gelosia del marito di una delle comari, Master Ford (l’ottimo Alessandro Averone, che ci travolge con la sua veemente gelosia, ma ce ne fa vedere anche vedere il lato ridicolo). E tutta questa moltitudine di anime e trame è legata da un filo rosso tenuto dalla Governante Madame Quickly, un personaggio strepitoso (il classico ‘fool’ scespiriano) interpretato senza un attimo di tregua da Patrizio Cigliano. La sua Quickly è modernissima, imprevedibile, decisamente “Fluid” (come si autodefinisce nel bellissimo prologo dello spettacolo, a cura dello stesso Cigliano). Gioca con la voce in maniera spaventosa, passando dal tono femminile a quello maschile sgranato (comicissimo), fino ad arrivare ad un inatteso pezzo cantato in cui ci lascia davvero senza parole. Giocando sull’ambiguità sessuale, ci ricorda che il teatro è maschera, e che tutto è possibile, con la fantasia di chi guarda e il talento di chi recita. Fa dei cambi di ritmo e recitazione che sembrano ‘montati’, più che dal vivo, e invece li fa davanti a noi, con una naturalezza che ci fa amare ancora di più la meraviglia dello spettacolo dal vivo, a cui abbiamo dovuto rinunciare per troppo tempo. E poi ci fa ridere. Tanto. E ci fa aspettare con impazienza che torni in scena, perché ha saputo farsi amare dal pubblico fin dalle prime scene. Dire che fa la donna è riduttivo, perché fa anche l’uomo, passando comicamente da un genere all’altro senza mai fare la Drag Queen né diventando prevedibile: fa l’attore. Fa il Teatro. E il pubblico lo/la premia al momento dei ringraziamenti con una vera ovazione, degna di una pop star. La ricchissima regia di Marco Carniti, che non risparmia effetti speciali e luci (di Umile Vanieri) da concerto rock, ha saputo dirigere un ottimo ensemble di attori: oltre ai già citati, le due energiche comari sono Antonella Civale e Loredana Piedimonte, molto divertenti nel loro cinismo borghese, Tommaso Cardarelli ci racconta un giovanotto un po’ sciocco, e molto divertente; Gigi Palla fa un piacevole prete francese in tonaca di pelle, Dario Guidi, oltre a deliziarci con la sua arpa, ci offre un tenero paggetto divertente, Sebastian Gimelli Morosini ci fa sorridere con la leziosità del giovane spasimante. Ma sono bravi tutti: Maurizio Santopietro, Valentina Marziale, Roberto Mantovani, Roberto Fazioli, Raffaele Proietti, Federico Tolardo, Alessio Sardelli. Le bellissime, semplici ma efficaci scenografie mobili sono di Fabiana Di Marco; gli stupendi costumi di Gianluca Sbicca; le belle musiche di Mario Incudine.
IL CAST
Ma vogliamo conoscere meglio la mirabolante Madame Quicky e il suo interprete Patrizio Cigliano, quindi, ci lanciamo in una articolata intervista telefonica…
D: Patrizio Cigliano, come è andata la prima? A noi sembra benissimo!
R: Sembra anche a me. Ero molto emozionato: non tornavo a recitare al Globe dal 2019, e quel teatro è unico, si sente il pubblico, si respira l’odore del legno, si sente la presenza di Shakespeare. Emozione fortissima. E poi, con questo personaggio, mi tramavano le gambe…
D: Non si vedeva, ci sei sembrato davvero a tuo agio, anche sui tacchi!
R: Quei tacchi sono la mia tortura! Come fanno le donne a portarli per tutto il giorno? Sono davvero esseri superiori! Ho già recitato “en travestì” altre volte, ma mai su Shakespeare (e con i ritmi di Quick), e questa decisione di Marco è stata coraggiosissima ma molto consapevole. È una commedia sulle maschere, tutti i personaggi sono eccessivi e “giocano” alla recita, al teatro e, coerentemente con il ‘600 di Shakespeare, cosa c’è di più teatrale, elisabettiano (ma anche moderno) di un attore che fa una donna?
D: Ma con la barba!
R: Ecco la maschera! Il segnale “alto”: “signori qui si recita! Vi è chiaro? E se non vi fosse chiaro, facciamo fare una donna da un uomo barbuto”. Che poi la Quickly è definita da zio Willy una “carogna pazza”, e quella definizione è stata illuminante per cercare la linea del personaggio. Attori e registi, per capire i ruoli, dovrebbero sempre partire da come sono definiti dagli altri personaggi, perché è il segnale guida che ci ha lasciato l’autore per spiegare il personaggio: come lo vedono gli altri personaggi, lo deve vedere il pubblico.
D: Ti salta fuori un po’ il Maestro di recitazione del collegio?
R: Mi salta fuori il mestiere che faccio da 35 anni, e che mi hanno insegnato dei ‘veri’ Maestri, altro che Collegio.
D: Però una domanda sul Collegio devo fartela: che esperienza è stata?
R: Controversa: da una parte ero orgoglioso di parlare di teatro in prima serata su RaiDue ad un grandissimo pubblico, soprattutto giovane; dall’altra, il meccanismo del Reality e la sua vena Trash, mi spaventavano e nonostante le mie lezioni siano andate benissimo, amate dai collegiali, divertenti eppure ricche di cultura, ne sono state tagliate in montaggio ben 4. Credo che non aver avuto insurrezioni da parte dei ragazzi, sia stato un handicap: se mi avessero tirato cancellini o preso a parolacce ci sarei stato molto di più. Invece erano felici di venire a lezione, e ci siamo divertiti moltissimo a ‘giocare’ un po’ al Teatro. Su Rai Due, era un piccolo illuminato miracolo. E tutti i miracoli, non si ripetono.
D: Infatti non ci sei, nell’edizione di quest’anno.
R: Non mi hanno confermato e hanno trasformato la lezione di recitazione in lezione di ‘cinema’. Come se fossero due cose disgiunte. Mah! Misteri della televisione.
D: Torniamo A Shakespeare…
R: Sì, che è molto meglio…
D: Questa tua Quickly è un portento! Come ti ci trovi?
R: Benissimo. Mi diverto da matti, anche se mi costa uno sforzo fisico (e mentale) pazzesco. Non sta ferma un attimo, ed è una mitragliatrice vocale. Quickly vuol dire “svelto”, e con Marco Carniti abbiamo voluto darle questa caratteristica sia fisica che di eloquio. Parla velocissima. È davvero “Quickly”!
D: È vero! Un grande virtuosismo attoriale! Non ti inceppi mai?
R: Io ho una tecnica di ‘parola recitata’ molto forte (complice anche il doppiaggio), mi piace lo “slapstick” americano che prevede anche questi ritmi e cambi velocissimi (Mel Brooks, Woody Allen, i Marx, Zucker, la Stand-Up Comedy). Ci vuole un’ottima articolazione per non impastare le parole e una notevole agilità vocale. Io ho il dono di riuscirci. Certo, la papera è sempre in agguato, ma c’è anche la capacità di recuperare ‘in stile’, che riesce a recuperare gli errori. Ne ho infilate 3 o 4 anche alla prima, ma ho fatto in modo che diventassero movimenti interni alla battuta. Nessuno poteva accorgersene, se non i compagni di scena.
D: Infatti noi non abbiamo notato nessuna sbavatura!
R: Mestiere. Siamo dei funamboli della parola, del ritmo, dell’improvvisazione, della creatività.
D: Dove ti rivedremo, quest’anno?
R: Subito dopo il Globe fatò uno spettacolo ‘d’autore’ in un piccolo teatro romano, il Tordinona. Un testo molto serio, della letteratura russa fine ‘800. Oblomov di Gončarov, con la regia di Valentino Orfeo.
Tutt’altro genere. Teatro di parola. Molto drammatico. Poi a gennaio farò una bella commedia di Aldo Nikolaj, grande commediografo troppo poco rappresentato. A Roma e in Tournée. Dettagli a seguire.
D: Cinema? TV?
R: Il cinema non mi vuole. Non riesco neanche a fare i provini. Purtroppo, da quella parte la mia carriera ancora non ha girato. Vorrei farlo anche da regista: ho diverse cose pronte che secondo me avrebbero successo, ma se non fai parte di certi ‘giri’, non ti fanno ‘girare’. E io non ne faccio parte, perché sto sempre in teatro e troppo poco davanti alla macchina da presa. E alle feste che contano! Spero in un futuro anche lì, ma non dipende mai da noi attori, bensì dalle opportunità che ci vengono offerte. E vengono offerte sempre agli stessi. Pazienza.
D: Come vuoi concludere questa intervista?
R: Certamente con un sentito ed urgente invito a tutti a ritornare a teatro. Ci siamo disabituati a tante cose, in questi orribili 2 anni, alcune belle (la riscoperta della famiglia), altre bruttissime (la perdita di socializzazione, la pigrizia ad uscire, l’affezione agli spettacoli dal vivo e alla cultura NON televisiva). Il Teatro è vivo, vitale e ha bisogno della vita degli spettatori per esistere. Live: dal vivo. Superiamo la sedentarietà che ci è piombata addosso, usciamo e andiamo a Teatro; c’è gente in carne ed ossa, lì sopra, che suda e fatica perché ci sia qualcuno che partecipi al più antico mass-media dell’umanità: il Teatro. Il più antico rituale collettivo di cultura e socializzazione. Non è una cosa da poco. Altro che cinema, o Netflix! Noi siamo vivi, dal vivo, rischiando ogni sera, sudando ogni sera, per offrire risate, lacrime, danze, musica solo per voi e solo per quella sera, perché ogni replica è unica e irripetibile, e si fa per ogni singolo spettatore.
Tornate a teatro. Dal vivo, è tutta un’altra cosa!