Recensione

Furèsta: il nuovo album de La Niña arriva a Napoli

Dopo l’uscita ufficiale di Furèsta per BMG Italy il 21 marzo, è partito il tour di presentazione lungo lo stivale per La Niña. Pseudonimo di Carola Moccia, la cantautrice napoletana dopo Milano e Bologna, è arrivata nella sua terra madre domenica 23 marzo con un evento speciale al Museo Madre (Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina). Organizzato dal collettivo Core grazie al sostegno della Presidente della Fondazione Donnaregina Angela Tecce e la Direttrice Eva Fabbris, l’evento è stato un’occasione decisamente singolare per ascoltare Furèsta in una live session con La Niña e coro a cappella: Francesca Del Duca,
Lydia Palumbo,
Denise Di Maria,
Carolina Franco
e Fabiana Vai.

“Nun ce da cord a ‘sta pazza”

L’esibizione a cappella è un colpo allo stomaco. Dalla potenza evocativa sublime, colpisce per la sua ferocia e bellezza. L’unione di voci con le armonie che s’intrecciano coinvolgono il pubblico in un abbraccio intenso da sembrare un’apparizione ancestrale. Divino e profano sembrano incontrarsi e fondersi in un solo coro di voci. L’esecuzione di Manalonga, presente solo all’interno della versione vinile, e Mammama’ “senza pietà” vengono e fanno “nnammurà”: “senza pietà spiezz’ ‘stu cor a metà”.

“Manco ‘nu serpente tene tutto ‘stu veleno ‘ncuorpo”

I brani dell’album sono l’incarnazione di tutto ciò che rappresenta tradizione, innovazione e resilienza femminile. Ripercorrendo l’ascolto di Furèsta si ha una chiara idea di quanto al centro di ogni pezzo ci sia la napoletaneità tutta. È chiaro che il progetto musicale è una reinterpretazione della tammurriata napoletana, dalla quale La Niña prende non solo i suoni delle chitarre, di tamburelli e tamburi o delle nacchere, ma anche la drammaticità, la passione, la forza, il dolore e il desiderio di denuncia. Racconti che si insinuano all’interno dei pezzi per ripercorrere le radici di un territorio e di una cultura intera. Si sente la nostalgia di un passato lontano rievocato con la lingua napoletana e dalle sonorità popolari: tuttavia si resta aggrappati al presente con sperimentazioni dal sapore elettronico e da testi nei quali ci si identifica facilmente.

“Femmena ‘e niente, paura ‘e nie’”

La potenza femminile ha un ruolo predominante. Appellate in ogni modo, maltrattate, vittime inconsapevoli di una pressione più grande di loro: ma al contempo madri, mogli, figlie, e semplicemente donne. Nelle vene scorre una virtù della quale non ci rende conto, ma che La Niña canta ricordando che “So’ figlia d’a tempesta”. Nata dalle nubi ma pronta a scagliarsi violenta sulla terra per rivendicare la propria presenza, il proprio corpo, e soprattutto, la propria importanza. Forte e coraggiosa come “na spad”, ma anche fragile e tenera perché ferita con il cuore deriso che “nun crede cchiù a chi nun l’ha maje vuluto”. Una sincrasi perfetta in grado di unire tutto in un solo elemento: “femmena”.

“Senz’ammore nun se canta, senz’ammore nun se sona”

Come battiti di cuore percepibili da ogni tocco di tamburo, Furèsta è di una forza tangibile. Una vera rivelazione per la musica odierna, oltre che una scoperta continua ad ogni brano. Le influenze della musica napoletana, elettronica, orientale e corale, si mescolano in un ensemble geniale con la potenza che solo un’artista poliedrica come La Niña poteva inventare e racchiudere in un progetto unitario. Un ascolto consigliato ed un invito alla conoscenza di una tradizione napoletana verace e, soprattutto, reale.

 

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