Dopo Dante nel 2021 e Pierpaolo Pasolini nel 2022, Lenz, progettualità artistica tra le più originali nel teatro di ricerca contemporaneo italiano ed europeo, prosegue nel 2023 l’indagine performativa sulle letterature fondative della lingua e cultura italiane con LPAM_Lenz per Alessandro Manzoni, il Progetto Speciale di Lettura dedicato ad Alessandro Manzoni, nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dalla morte. Quest’anno in coproduzione con ParmaFrontiere.
Come già anticipato nell’articolo del 20 novembre (clicca qui per la lettura completa), alla Galleria San Ludovico, chiesa sconsacrata che il Comune di Parma ha dedicato all’arte contemporanea, dal prossimo 22 novembre fino al 25 novembre va in scena l’opera performativa, visuale e musicale [CRINE _ ERMENGARDA _ ORATORIO ] di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto in coproduzione, come si diceva, con ParmaFrontiere, che vede insieme all’interprete sensibile Carlotta Spaggiari, l’esecuzione live al contrabbasso di Roberto Bonati.
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Continua così la collaborazione, inaugurata nel 2022 con THE CRITTERS SYMPOSIUM del collettivo di arte politica multidisciplinare Jan Voxel, tra due importanti realtà attive sul territorio da decenni, come Lenz Fondazione, casa di produzione del festival Natura Dèi Teatri e ParmaFrontiere, associazione produttrice del festival ParmaJazz Frontiere.
Abbiamo incontrato i direttori artistici di entrambi i festival: Maria Federica Maestri e Francesco Pititto di Lenz Natura Dèi Teatri e Roberto Bonati di ParmaJazz Frontiere. Insieme danno vita all’opera CRINE, i primi curando installazione, composizione, drammaturgia e imagoturgia e il secondo con la composizione ed esecuzione dal vivo di una partitura per contrabbasso.
Iniziamo con la parte compositiva e drammaturgica, rivolgendoci a Maria Federica Maestri e Francesco Pititto.
- Fin dalla sua fondazione nel 1986, Lenz indaga la classicità e la rilegge con un linguaggio contemporaneo composito. Dal 2021, in particolare, dedica a una_un grande intellettuale/artista della letteratura italiana un Progetto Speciale di rilettura dell’opera in chiave visuale e performativa. CRINE, ad esempio, creazione per il festival Natura Dèi Teatri 2023, è incentrata su Ermengarda dell’Adelchi di Manzoni. Cosa ci comunica ancora oggi questa figura.
In CRINE la figura di Ermengarda è trasdotta in immagini drammaturgiche che delineano corpi femminili di irriducibile bellezza, mai sottoposta al vincolo del convenzionale. Il rimando manzoniano ci impone di riflettere sulla rinuncia al corpo fino al delirio mortale, contro la brutalità del cliché. Ermengarda è trasfigurata e cementata da un dolore che la rende muta e dura alle richieste del vivere normale. Epifanìa d’incontro di molteplici storie vissute, d’amori infranti, sospesi, rimandati, dimenticati, imposti e liberati, Ermengarda rappresenta il culmine esistenziale e teatrale della remissione che le deriva dal rifiuto cui la condanna Carlo Magno, rendendola vittima innocente di una sofferenza impotente e spersonalizzante. L’epilogo della tragedia è il suicidio come gesto di estrema sottrazione dal sé e dal dolore dell’esistenza. Nell’Adelchi la Storia è contemplata attraverso il dramma interiore dei protagonisti, sublimato in una visione religiosa della vita. Adelchi ed Ermengarda sono spiriti ricchi di contrasti fra ideali e sentimenti – la pace e la gloria per il primo, l’amore ancora vivo del marito per la seconda. Vivono per alti e nobili ideali, comprendono le angosce e sofferenze degli altri e trovano solo nella morte la piena realizzazione della loro complessa e travagliata personalità.
- A incarnare Ermengarda è Carlotta Spaggiari, attrice neurodivergente che ha iniziato la propria formazione teatrale con Lenz, più di dieci anni fa. Dall’esordio nei panni di un’altra figura iconicamente manzoniana – la Monaca di Monza bambina ne I Promessi Sposi del 2013 – continua a dare corpo e voce alle visioni di Lenz. In che modo l’apparente limite cognitivo e comportamentale si rivela capace di esprimere emozioni ‘potenziate’?
Soltanto una sensibilità d’attrice altrettanto potente e lieve può esperire, senza finzione, il culmine di pathos e forza espressiva di una un’altra figura di donna che ama fino alla morte e nel delirio d’amore comunica direttamente al Cielo lo stupore mortale di fronte al proprio abbandono. Ermengarda dell’Adelchi manzoniano non si arrende alla realtà della Storia, quella che i potenti maschi decidono, ma si concede totalmente al proprio sentimento, all’intima storia di amante che tutta la passione contiene, nel non detto, nel non dichiarato, nella casta costrizione dentro al proprio Io. E, come una Pentesilea delirante e lieve, lascia che Eros e Thánatos la conducano per mano oltre il margine della vita. Il coro, in soggettiva, non può che descrivere il suo ricongiungersi alla Natura intonando un requiem in progress davanti al suo corpo muto.
In questo progetto scenico si sostanzia la ricerca pluriennale di un “verbo” pedagogico che renda le persone neurodivergenti in grado di esprimere le emozioni silenziate attraverso le stimolazioni drammaturgico-sensoriali dell’esperienza teatrale. Attraverso questo processo si ribalta la prospettiva dalla quale guardare alla sensibilità: gli apparenti limiti cognitivi e comportamentali delle persone sensibili non sono più sintomi di un deficit patologico ma divengono elementi da elaborare e tradurre in linguaggio estetico contemporaneo, attraverso il confronto e l’agone con i grandi testi classici.
- Le creazioni di Lenz vivono di stratificazioni di linguaggi. Innanzitutto, è ricorrente nella vostra poetica il dialogo con luoghi ‘altri’ rispetto allo spazio di produzione Lenz Teatro – siano essi complessi monumentali, musei, carceri, aule universitarie. In questo caso, il progetto LPAM Lenz per Alessandro Manzoni, si svolge interamente alla Galleria San Ludovico, chiesa sconsacrata che il Comune di Parma ha dedicato all’arte contemporanea. In che modo l’installazione visuale site-specific interpreta il genius loci dello spazio?
Per l’esposizione del martirio di Ermengarda, il grande spazio ecclesiale di San Ludovico è rivelato nella sua estrema nudità. Sarà piena e cruda luce sulla violenza perpetrata sull’edificio cultuale, sconsacrato e adibito a centrale elettrica agli inizi del Novecento, in perfetta e tragica analogia con il corpo femminile, umiliato e ripudiato dalla brutalità funzionale della società patriarcale. Niente deve essere nascosto o mitigato dal tepore sentimentale e salvifico della provvidenza: lo spazio è attraversato da quattordici aste lignee in misura e forma simili alle lance medievali per la caccia al cinghiale. La chiesa testimone/martire è lo spazio anatomico dell’atto venatorio e dell’agonia di Ermengarda. Lei, come l’animale, inseguita, catturata, ferita, sanguinante spira cercando in cinque tane nere il buio e la quiete della morte.
- Componente fondamentale e costante dell’impianto visivo delle vostre creazioni è la drammaturgia delle immagini in movimento/video, per le quali usate il neologismo ‘imagoturgia’, che costituisce una narrazione parallela ma intimamente connessa all’azione scenica. In che relazione sta il grande fondale videografico con la drammaturgia?
Molteplici sono i rimandi tra imagoturgia, drammaturgia, azione scenica, testo poetico. In primis l’immagine della cinghialessa che avanza nel bosco, circondata e inseguita dai cacciatori, completa e potenzia l’immagine delle aste lignee in misura e forma simili alle lance medievali per la caccia al cinghiale e, infine, evoca un alter ego in forma d’animale di Ermengarda, anch’essa braccata e ferita. Emerge anche il volto dell’attrice in primissimo piano – la bocca e i denti e gli occhi e il parlare muto all’altra sé nello spazio reale – in immagine dialogante con il suo doppio corporeo, amazzone a due teste, libera di morire dentro e fuori la battaglia.
Altre suggestioni e aperture di senso su un possibile futuro utopico vengono dal mondo naturale: uno scoiattolo tra i rami, due lumache in corteggiamento.
Ogni quadro video è in bianco e in nero, tranne l’amplesso tra le due Arionidi, molluschi gasteropodi senza conchiglia, senza casa, senza scudo a difendere il corpo esposto. Il colore appare solo per i due molluschi, cromatismi cangianti nel movimento rotatorio dall’alto verso il basso.
Le lumache sono ermafrodite e il corteggiamento consiste in una serie di giri su loro stesse, convulsioni e strofinamento di corpi. Sopra un muro si calano sospese a mezz’aria, attaccate a due sottili fili di muco. Da una piccola apertura sul lato destro della testa iniziano a far fuoriuscire i loro organi riproduttivi di un azzurro translucido, si avvolgono l’un l’altra creando forme, coreografie fantastiche. Alle fine dell’amplesso tutte e due saranno state fecondae.
- Come si è svolto il lavoro sulla musica ?
Il mio lavoro come strumento/personaggio si è realizzato nella creazione di un percorso a due voci tra scrittura e improvvisazione che prende vita attraverso la Via Crucis di Ermengarda.
Ho voluto mantenere vivo un lato performativo, di composizione istantanea, uno spazio di invenzione flessibile, nel quale la musica in dialogo/scontro con la voce di Carlotta possa rivelarsi simile ma sempre diversa in ogni replica, uno spazio di rischio, un suono che cammina sul filo, perciò ogni quadro prevede e propone un’idea, un materiale musicale che viene utilizzato come seme per una creazione improvvisa.Di prova in prova la voce/suono di Carlotta e il suono del mio strumento in relazione con il silenzio e l’acustica della chiesa, hanno preso un ritmo e un fluire animato, creando un preciso e vivo spazio sonoro.
- Da sempre Roberto Bonati ama dialogare con le Arti, poesia, pittura, cinema, danzas: quali sono gli stimoli che generalmente trovi in questo confronto e come avete portato avanti il discorso della coproduzione?
Relazionarsi ad altri linguaggi artistici è lavoro estremamente fecondo, cogliere una emozione con un linguaggio diverso e riportare nel nostro lavoro quel tipo di sfumatura nata altrove è per me affascinante e stimolante-
Negli anni ottanta a Milano ho fatto parte della cooperativa Il Teatrangolo e ho lavorato molto sul contrabbasso con musiche di e per il teatro. E in questa occasione per me è stato tornare personaggio/strumento in scena.
Ho avuto una grande empatia con Maria Federica, si è creato un sereno rapporto di libertà reciproca molto bello. È stato interessante scoprirsi a vicenda. Per me è stato molto importante entrare in dialogo con la voce e col movimento di Carlotta, l’aspetto di relazione ritmica con il suono della sua voce, un aspetto molto performativo, di dialogo, di prendere, lasciare e scambiarsi spazi sonori.