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Il segno dell’acqua: la musica che cura

Uno stimato neurologo e la sua musica. Un uomo che attraversa il suo tempo senza perderlo. Raffaele Spidalieri non propone ricette né distribuisce verità, semplicemente mostra in modo “chirurgico” una via per apprezzare la bellezza delle cose, in un certo senso ci riabilita, ci accompagna con il suo coraggioso concertare. I suoi versi sono agrodolci, mai accomodanti, cercano gli scarti dei nostri vissuti per valorizzarli. Sono fendenti fonici che aprono porte rimaste chiuse per troppo tempo.

Alcune tracce danno l’impressione di non esaurirsi in se stesse, sembrano continuazioni di un fraseggio più ampio come parentesi di approfondimento lungo il percorso musicale. Con tutte le accortezze del caso si nota una “nascosta” familiarità con le sinfonie classiche, in cui i movimenti aprono a differenti trasporti emozionali pur lungo la stessa intenzione artistica. Il seguito di abili professionisti di cui si è avvalso il cantautore lo testimonia, andando oltre la struttura tradizionale di una band; ne scaturisce un rapporto viscerale fra uomo e strumentazione.

L’orecchio dell’ascoltatore andrà incontro al cuore quasi per gravità e la mente scoprirà l’importanza del sentire, in una sorta di passaggio di consistenza che non altera gli equilibri esistenti. Il Segno Dell’Acqua (titolo del disco molto indovinato) include pienamente questa considerazione, l’acqua mantiene sempre la stessa struttura ternaria, indipendentemente dallo stato fisico in cui si trova.

Questa è un’opera di transizione che vede la canzone d’autore vestirsi d’altro: richiama De Andrè e non solo, convoca Battiato e non solo, invita Jannacci e non solo. Spidalieri ben comprende la necessità di inserire le ingerenze tecno-musicali che il vento della modernità porta, ma segue l’ottica del rinnovamento. Per nulla è un ritorno al passato che resta il principale consigliere, piuttosto si nota un’apertura al futuro facendo leva sul presente.

La simbiosi tra il testo e le note è immanente, concresce senza forzature o studiate acrobazie, al pari dei funghi che così facendo costituiscono un regno a parte a metà tra quello animale e quello vegetale. La transizione è più chiara e palesa tutta la sua attuale dinamicità che porterà a ramificazioni fertili, proprio come le ife fungine che invadono il sottobosco con fedeltà e competenza assicurando una degna discendenza a cui lasciare in eredità un insegnamento costruttivo; d’altronde le creazioni più illuminate originano dalla qualità degli insegnamenti ricevuti, rispettati e migliorati.

Il progetto di Spidalieri fa parte sicuramente dell’esiguo accampamento dei musicisti D.O.C. (Denominazione d’Origine Cantautoriale, acronimo che prima o poi dovrebbe essere istituito), pronto a difendere lo stendardo della canzone d’artista per proteggerla dall’avvento dei suoni scontati che la stanno facendo morire. Nel brano Follia, che rappresenta forse la somma di tanti anni di dura esistenza, l’artista è un giocatore nella mano a perdere che ancora ride e il banco vince, questo frammento di strofa è leggero e allo stesso tempo così ineluttabile… eppure la presenza costante, la vigile e ferma autodeterminazione è così potente, e al giorno d’oggi così dannatamente indispensabile.

by Roberto “Iago” Sonnino

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