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Chimere Nostre fra i vincitori del Premio Zingarelli

Chimere nostre (dei Merangoli, 2020) di Isabella Caracciolo è fra i vincitori del prestigioso Premio Zingarelli: “Per me questo premio è una grande soddisfazione – spiega l’autrice – un secondo posto dopo il romanzo di Cinzia Leoni (Mondadori), già vincitore peraltro del Premio Rapallo. Mi sento proprio in ottima compagnia!”. “Abbiamo creduto fin dall’inizio in questo romanzo e nella sua autrice – ci tiene a sottolineare l’editore Claudia Bisceglia – poiché si tratta di un lavoro intenso che tocca tutte le corde di un tema tanto particolare quanto importante. Questo riconoscimento ci riempie di gioia e di orgoglio!” Il romanzo, fra teatro e psichiatria, infatti, ripercorre il viaggio nella psiche e nell’animo di Filippo, attore di teatro ossessionato dalla figura di Torquato Tasso al punto da identificarsi in lui in modo sempre più radicale e doloroso.

Alternando capitoli in prima persona, che scandagliano la vita dell’io narrante, a capitoli in cui la vita di Torquato viene “messa in scena” come un dramma teatrale, Filippo riflette su se stesso e sulle ingannevoli chimere partorite dal disturbo bipolare che, per paradosso, ottenebra la mente anche per mezzo di una luce abbagliante e le cui vie si confondono, non di rado, con quelle del misticismo e dell’arte.

 

Isabella Caracciolo nasce nel 1963 a Pisa e nel 1970 si trasferisce a Roma, dove si laurea in Letteratura Italiana con una Tesi su Tommaso Landolfi, scrittore, traduttore e glottoteta. Su Landolfi pubblica due saggi, il primo nella raccolta La liquida vertigine (2001), il secondo sulla rivista Paragone (agosto-dicembre 2007). Dal 2011 vive e lavora in Francia e nel 2013 pubblica la novella Ritratto a dispettoChimere nostre è il suo primo romanzo.

 

 

Chimere Nostre (dei Merangoli Editrice) è  il primo romanzo di Isabella Caracciolo: primo lavoro denso di una costruzione narrativa complessa e fluido di una scrittura ricca di colori che sa entrare nella parola e farne strumento potente del racconto di anime e di persone. Con l’ampia introduzione di Filippo La Porta e la postfazione di  Mario Del Villano, psicoterapeuta e psichiatra, Chimere Nostre ripercorre il viaggio nel profondo di Filippo, attore di teatro ossessionato dalla figura del Tasso al punto da identificarsene in modo sempre più radicale e doloroso. Il romanzo alterna così ai capitoli in prima persona che scandagliano la vita del protagonista, capitoli di un fantomatico dramma sulla vita del Torquato.

Dopo anni di studio “matto e disperatissimo”, Isabella Caracciolo ha in effetti ricostruito attraverso le lettere e le opere di Tasso stesso una sorta di racconto nel racconto: ne esce un dramma teatrale che ripercorre la vita di Torquato incastonato dentro un romanzo introspettivo che apre le porte ad una meditazione sulla vita e sulla morte. Ma soprattutto che apre una profonda riflessione emotiva sui confini fra normalità e follia, fra equilibrio, identità e malattia mentale.
Nel suo viaggio dentro l’anima e la vicenda di Tasso Filippo, infatti, finisce per fare i conti con la propria stessa malattia, lo stesso bipolarismo del padre, potentemente a specchio con la depressione maniacale di Torquato. Per arrivare ad intuire come la salute psichica sia un’esperienza più spirituale che intellettuale ed abbia a che fare prepotentemente con la ricerca del senso della vita.
Molteplici gli spunti filosofici e, più in generale, di pensiero che nel caldo scenario teatrale ritrovano un grande spessore umane e si salvano da un’astrattezza meccanica e pedante.
Come ci spiega giustamente La Porta nella sua prefazione: “Una vicenda di redenzione interiore che travasata in un saggio filosofico potrebbe apparirci un po’ meccanica e astratta, (…) proprio nel genere romanzesco ritrova il suo spessore esistenziale. Il romanziere, si sa, mostra le cose prima che dirle e teorizzarle. Così quell’incrociare vari generi (…) si ricompone quasi miracolosamente.” Nella convinzione che “La follia (…) ci schiude una verità ultima e nascosta delle cose, forse innominabile. Il punto è riuscire a “usare” questa verità – che può balenare all’improvviso mentre siamo saliti su una torre – senza però le conseguenze distruttive della follia stessa (…).”
E ancora: proprio grazie a questa abilità ermeneutica regalata dal romanzo, Chimere Nostre si fa anche potente strumento per la comprensione del disturbo bipolare della personalità che qui acquista la chiarezza e l’intuitività che viene proprio dal viaggio narrativo. Come dice Mario Del Villano nella postfazione “Non mi meraviglierei se Chimere nostre divenisse un testo di riferimento per sensibilizzare e psicoeducare tanto gli operatori che si stanno formando quanto i familiari e i pazienti, al fine di perseguire un trattamento ottimale di questa grave patologia. O perlomeno è quello che auguro all’autrice di tutto cuore.”.

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