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ASSISI SUONO SACRO: ITALIA-USA ANDATA E RITORNO

E’ stato intitolato a Misericordia et Pietas il concerto inaugurale della quarta edizione di Assisi Suono Sacro. Una serata totalmente dedicata alla musica contemporanea. E se qualcuno si aspettava un concerto paludato e pedante, una di quelle serate fitte di sbadigli e di sguardi rubati sugli orologi: ebbene, si è sbagliato. Ancora una volta questo Festival, intitolato alla città di San Francesco e alla sacralità di una ricerca musicale profonda e intrisa di spiritualità, ha regalato al suo pubblico emozione. Non di quelle emozioni strappalacrime stile soap opera, naturalmente. Emozione piuttosto come viaggio nel profondo, come percorso capace di avvicinarci a quella dimensione interiore che, il sempre più tradizionale “logorio della vita moderna” ci ruba. Ma che rimane comunque parte inscindibile di noi.

Protagonisti della serata erano, infatti, alcuni degli artisti della Long Island Composers Association di New York, uno dei più antichi collettivi di musicisti contemporanei americani. Ma anche Matelda Viola, nei doppi panni di soprano e autrice. Ad interpretarli l’Ensemble Assisi Suono Sacro, Andrea Ceccomori al flauto.

Struggente e profondo come il sentimento della Pietà a cui è intitolato il brano di Dana Richardson che ha aperto il concerto, in prima esecuzione assoluta. Sempre in prima esecuzione Procession di Cork Maul per flauto arpa e violoncello che, ripercorrendo l’incedere di una processione appunto, ridisegna memorie storiche lontane.

Di grande emozionalità il pezzo di Gach, Canzon de Andes, in cui l’intrecciarsi delle struggenti arcate del violoncello con il suono liquido e cristallino del vibrafono tratteggia, su un tappeto sapientemente disegnato dall’arpa, paesaggi lontani e lontane suggestioni.

Una piacevolissima sorpresa è venuta dalle due pagine di Matelda Viola, unica compositrice donna. Forte la memoria del passato nelle sue note rilette, tuttavia, con una sensibilità tutta odierna di chi, insomma, della musica ha fatto il proprio respiro quotidiano.

Non Omnes e Carmen Amoris sono stati composti, musica e testo, integralmente proprio da Matelda Viola e appartengono al suo progetto dal titolo Motecta temporis nostri che traduce in un linguaggio musicale scarno ed essenziale alcuni intensi momenti della vita dello spirito. La scelta del latino (senza alcuna presunzione letteraria e con  massima aderenza ai testi biblici) risponde all’esigenza di una lingua che, come l’inglese quotidiano nella società globale, vuole in modo universale “parlare di sacro”.

Entrambe le composizioni hanno stile asciutto, simbolico, non virtuosistico ma denso ed emotivamente intenso. In un deciso ambito tonale, alla voce e agli strumenti (flauto in Non Omnes, flauto ed arpa per Carmen Amoris), sono richiesti pochi “effetti” veri e propri ma un eclettismo esecutivo che va dal declamato della salmodia alla veemenza espressiva, dai vocalizzi puri a convulsi movimenti ritmici di sapore tutt’altro che arcaico. Un eclettismo che non è indecisione ma scelta di guardare il sacro attraverso l’attualità. E per Matelda Viola, qui anche appassionata interprete con Ceccomori e Fiorucci, l’oggi musicale non ha rigidi confini ma si muove – con interesse competenza ed umiltà – dal passato medioevale al suono delle metropoli.

Nella stessa prospettiva compositiva Flamina e Locus Dei: i testi (sempre latini) di Matelda Viola si articolano sulla musica scritta a quattro mani da Andrea Ceccomori e Lorenzo Belfasto per voce flauto arpa quintetto d’archi: qui il melodiare arioso di Ceccomori si struttura su un impianto solido ma sempre lieve degli archi, alla ricerca dei meandri ove ritrovare quel senso del divino che anima la ricerca più profonda di ciascuno di noi.

In chiusura la Hidden City Orchestra ha proposto alcuni brani del proprio ultimo lavoro discografico.