Andrea ha 40 anni, una moglie, Sara, da 10, un lavoro informatico che comincia a scricchiolare e un temperamento giovanile, che sfiora la sindrome di Peter Pan. Assume Linetta, 22 anni: una ragazza simpatica ma superficiale, ancora priva di un obiettivo di vita, che affida alla casualità tutto il suo essere, senza alcun impegno. Linetta si innamora di Andrea e lo seduce senza difficoltà.
Le attenzioni e le lusinghe della giovani risvegliano in Andrea la voglia di leggerezza, di fuggire da un’età piena di responsabilità e doveri.
Andrea tradisce così Sara con Linetta mettendo in crisi il matrimonio. Per Linetta, Andrea diventa amante, amico, padre, mentore, psicologo, sessuologo e datore di lavoro. Troppo. E 20 anni di distanza spesso fanno la differenza. Andrea si spacca in due, anzi in tre: da una parte lui, fatto di amore e dolore; poi Linetta, la “parte di lui” che non è riuscito a gestire; e infine la “parte di lui” razionale che sapeva già tutto, ma che non ha voluto ascoltare. Sono tutte strane parti di lui.
Quella strana parte di me, il nuovo spettacolo di Patrizio Cigliano sul palco con Barbara Begala, Beatrice Messa e Veronica Milanesi dall’8 al 20 marzo al Teatro dei Conciatori di Roma mette due generazioni a confronto e cerca di spiegare se possa mai esser possibile l’amore tra un quarantenne e una ventenne.
Una storia d’amore dei nostri tempi che, con un taglio e un ritmo dichiaratamente cinematografici, mettendole a confronto, vuole rivelare le differenze di due generazioni, forse a volte nemmeno troppo evidenti.
Andrea fa parte di quella generazione di quarantenni che non sono mai cresciuti, che dicono di impegnarsi, ma alla fine non lo fanno fino in fondo; Linetta invece fa parte di quella generazione che non è ancora cresciuta e che pensa di avere ancora tutto il tempo per farlo.
E quando Andrea, scoperto il tradimento di Linetta, la incolpa di non esser leale, in fin dei conti sembra di sentir parlare un bue che dice cornuto all’asino.
Come tradisce uno, tradisce anche l’altra; come supplica uno, supplica anche l’altra; come lascia uno, lascia anche l’altra.
Le due generazioni quindi non sono nemmeno così tanto diverse e forse proprio per questo impossibilitate a costruire nulla di stabile insieme.
Ottima scrittura, quella di Cigliano, e ottima ogni presenza in scena. Si sorride e con i personaggi spesso ci si ferma a fare brevi sedute di analisi psicologica.
Assolutamente realistica la vicenda: storie d’amore di questo genere capitano ormai all’ordine del giorno; un po’ meno realistici forse i personaggi, specie quello di Linetta: non tutti i ventenni sono tanto superficiali, privi di un obiettivo di vita e affidati totalmente alla casualità.
Simona Albertini