Da Brindisi a Roma, lungo l’Appia Antica: Alessandro Scillitani ha appena terminato un tour di presentazione de Il Cammino dell’Appia Antica, il film di Paolo Rumiz e Alessandro Scillitani che racconta, come ogni anno, un viaggio e che quest’anno è andato a ripercorrere le pietre miliari e gli snodi della storica via Appia, da Roma a Brindisi. Ne sono nati dei racconti a puntate ed una serie di documentari dal titolo “Il Cammino dell’Appia Antica”.
Che cosa significa per un regista confrontarsi con la dimensione del viaggio? In termini di regia, montaggio e quant’altro…
Per me ogni documentario è, di per sé, un viaggio. Nel senso che il racconto, le storie, devono essere parte di un percorso che è necessariamente aperto alle sorprese e alle contraddizioni.
Per cui è stato meraviglioso per me, essere parte di un viaggio che rappresenta l’essenza stessa del viaggio: andare a piedi significa che ogni momento fa potenzialmente parte del racconto. È come se la sceneggiatura del film si componesse da sola, attraverso gli incontri, i paesaggi, ciò che ti porta la strada. E tu non devi fare altro che restare in ascolto e raccogliere ciò che ti porta il viaggio.
Fra i tuoi documentari più celebri c’è Case abbandonate. Qui ripercorri l’Appia: i luoghi quindi sanno parlarci? Ispirazione o testimonianza?
Ci sono temi che ricorrono nei miei film. La memoria dei luoghi mi affascina molto. Nelle riprese che faccio, cerco sempre di evocare chi possa avere in passato attraversato quei luoghi, di pensare a come potessero essere quelle pietre calpestate dai nostri antenati. Mi interessa molto il nostro rapporto con la memoria, che purtroppo in molti casi è debole e distratto.
Tu sei anche musicista dei tuoi lavori: come avviene il tuo lavoro creativo? come pensi immagini, montaggio e musica?
Di solito, compongo le musiche mentre sono in viaggio. Le idee mi vengono in mente mentre faccio le riprese, raccolgo storie, incontro persone. La sceneggiatura e il montaggio invece si fondono insieme e si realizzano soltanto a viaggio finito, davanti al computer.
A breve cambierai panni e ti trasformerai nel Direttore Artistico del Reggio Film Festival, uno dei festival che raccoglie più contributi da tutto il mondo. Quest’anno sono quasi 1500 i corti pervenuti. Che opportunità è per un creativo confrontarsi con tanta creatività?
Un’opportunità importantissima. Io credo di avere imparato moltissimo del mio mestiere attraverso la visione e la scelta dei cortometraggi che arrivano per il festival. Mi nutro delle intuizioni di montaggio, colgo le genialità delle idee e gli errori di sceneggiatura. Una palestra fondamentale.