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COMUNQUE HASTA SIEMPRE! GLI INTI ILLIMANI IN TOUR

Dopo un concerto in Campania siamo stati invitati ad una cena da un organizzatore che si disse particolarmente onorato di ospitarci perché la nostra patria, il Cile, aveva dato i natali ad una persona per lui molto importante: Arturo Vidal!” (un ex-calciatore della Juventus…). Questo è uno dei tanti aneddoti che ha raccontato Jorge Coulón, membro fondatore degli Inti Illimani, durante il concerto di Roma. E questo modo, sottilmente ironico e amabilmente scanzonato, sarà il filo rosso che caratterizzerà tutta l’esibizione di questi artisti che eppure hanno attraversato quasi 50 anni di storia avventurosa e dolorosa. Nati nel 1967, esuli dal 1973 dopo il golpe cileno con molti anni alle spalle passati in Europa (“…quell’Europa che avremmo voluto della cultura e non delle banche”) e la maggior parte di questi in Italia. Simbolo e icona della canzone politica sudamericana, sovraesposti negli anni ’70 e spesso, forse per questo motivo, citati poco garbatamente dai nostri cantautori (su tutti Dalla e Vecchioni).

Il gruppo cileno, rappresentante maximo della musica andina, si è di nuovo presentato in Italia con un nuovo disco, Teoria de Cuerdas, e con una line-up quasi del tutto rinnovata rispetto al nucleo storico che nel frattempo per dissidi interni si è diviso in due formazioni autonome: Inti Illimani e Inti Illimani Historico.

E’ bene dire subito che il concerto degli Inti Illimani è stato artisticamente una prova di sostanza e raffinatezza sorprendente. Una sintesi perfetta di musica tradizionale di profilo alto e gusto “colto”. Un’operazione artistica che ricorda molto, nello spirito di rinnovamento della musica popolare, il percorso musicale di Caetano Veloso in Brasile o Roberto De Simone ed Eugenio Bennato in Italia. Parte del merito va sicuramente a Manuel Merino – arrangiatore, chitarrista e responsabile della nuova direzione artistica del gruppo – che è riuscito a coniugare eleganza e calore con una particolare attenzione all’armonizzazione delle parti vocali e all’orchestrazione. E tutto intorno un pubblico composto da almeno tre generazioni spettatori che però non sembra indulgere alla nostalgia quanto piuttosto a ritrovare dei vecchi compagni di viaggio appassionati e sinceri. E così succede che prima di chiudere il concerto con l’immancabile e sempre emozionante inno di un decennio (El pueblo unido jamás será vencido di Sergio Ortega) veniamo a sapere che il fenomeno dell’immigrazione esiste anche in Cile ma che lì i migranti vengono dall’Ecuador e dagli altri paesi confinanti. Sempre comunque migranti che vanno altrove in cerca del Paradiso. Ma, come come afferma un disincantato Jorge: “tutti quanti sappiamo che il Paradiso lo trovi solamente dentro di di te, e che anche lì il Paradiso non esiste…”. Hasta Siempre!

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