Domenica 19 ottobre alle 11 all’Auditorium Pollini di Padova i Solisti Veneti hanno eseguito l’Histoire du Soldat di Igor Stravinsky. Auditorium gremito in ogni ordine di posto nonostante la magnifica giornata quasi estiva che induceva a scampagnate fuori porta. Ennesima testimonianza di affetto e stima che i padovani tributano all’orchestra fiore all’occhiello della loro città.Con questo concerto inizia un ciclo di concerti dedicati alla commemorazione della grande guerra. La scelta dell’opera da camera di Stravinsky su libretto di Ramuz non è casuale: sotto la metafora del violino che passa dalle mani del soldato a quelle del diavolo tentatore si cela la morale di una grande condanna alla guerra e alla distruzione di quanto di buono ha l’uomo, come a fine concerto ci spiega il Maestro Claudio Scimone, con la sua consueta naturale affabilità.Il violino è l’anima del soldato è per questo che il diavolo vuole portaglielo via e riesce a scambiarlo con il libro nel quale si legge il futuro, che permetterà al soldato di avere ogni ricchezza ma il prezzo da pagare è davvero alto: la perdita della propria umanità, degli affetti insomma proprio dell’anima. Il soldato ha capito cosa ha perso e gli si offre una seconda possibilità ma purtroppo l’uomo non sa accontentarsi. Ramuz insegna: “Una felicità è tutta la felicità, due felicità è come se non esistessero”. L’autore ci sta comunicando che è l’uomo stesso artefice della sua rovina come avviene nella guerra massima espressione della cupidigia umana. Siamo nel 1918 e Stravinsky è in Svizzera accerchiato in un’Europa stretta nella morsa della guerra ed è stato espropriato dei propri beni dalla Rivoluzione Russa. Sono lontani gli echi de Le Sacre o di Petrushka e così prende corpo l’idea di uno spettacolo povero quasi da baraccone da far circolare per i paesi con minimi mezzi. L’Histoire è l’opera di un profugo sul tema di essere profughi…..tema ancora oggi di scottante attualità.Sette solisti sul palcoscenico a costituire l’orchestra diretti magistralmente dal maestro Scimone. Ogni gruppo con componenti di registro estremo: gli archi violino e contrabbasso, i legni clarinetto e fagotto, gli ottoni tromba e trombone e infine la percussione costituita da una batteria tipica del genere jazz. I generi sono i più disparati, una marcia, un tango argentino, un valzer, un ragtime jazzato e perfino un corale bachiano, ma quello che colpisce è il ritmo continuamente variabile: poche battute appena enunciate e l’andamento si interrompe mescolandosi in linee che sembrano una voluta confusione quasi come se ogni strumento andasse per conto suo. E’ lo straniamento sarcastico scelto dall’autore e ben evidenziato dal protagonista dell’opera e della storia: il violino. Reso magico e incantevole dall’esecuzione virtuosistica dell’ottimo Lucio Degani. E’ un opera molto complessa e di grande impegno per gli esecutori ma proprio per questo nelle corde dei Solisti Veneti, sette solisti uniti e armonizzati dal direttore d’orchestra. I Solisti Veneti ancora una volta danno prova della loro grande maestria non sono eccellenti solo nel repertorio barocco ma incantano ed emozionano con una precisione e un virtuosismo straordinario anche nella musica moderna.I Solisti ci trasmettono un altro messaggio: la musica ha un grande potere, fa ballare il diavolo fino allo sfinimento permettendo al soldato di riprendersi il suo violino, la musica ha il potere di risvegliare la principessa dal suo torpore, la musica ha il potere magico di incantare ed è proprio una sensazione di incanto di completa compenetrazione nelle note che ci trasmette l’esecuzione dell’orchestra padovana.Come è valso l’uso in tempi recenti in scena era presente un solo attore a interpretare le varie parti: Remo Girone che con maestria collaudata si alternava nei vari ruoli.Aspettiamo I Solisti Veneti domenica 26 un altro concerto all’Auditorium Pollini: noi ci saremo pronti a ricevere un’altra emozione che l’orchestra padovana ci regalerà.
Giusi Di Francesco