L’abbiamo intervistata in occasione delle finali del Premio Poggio Bustone del 5 settembre scorso. Ci è piaciuta e le abbiamo chiesto di collaborare con noi. Ha accettato. Si tratta di Maria Luisa Lafiandra che immediatamente ci ha proposto un’intervista a Massimo Donno, vincitore del Premio Personalità Artistica Emergente. Ci è piaciuta: il tema e l’artista. Eccovela.
Massimo hai appena vinto la Personalità Artistica Emergente del Premio Poggio Bustone, riconoscimento unico nel suo genere, come definiresti tu una Personalità Artistica?
Io credo che non si possa scindere la personalità artistica da quella umana o meglio, credo che l’una sia espressione dell’altra, l’una integri l’altra. L’onestà nella vita è anche onesta intellettuale/artistica. Non credo esistano persone oneste che fanno in maniera disonesta il proprio lavoro, e viceversa. Per questo mi piace pensare che il riconoscimento che ho avuto sia un premio alla mia persona, ad un’espressione, in questo caso artistica, del mio essere umano.
Il ruolo del cantautore nella nostra società a tuo avviso quale dovrebbe essere?
Io ho studiato Sociologia. Credo che questo rappresenti buona parte del mio approccio allo scrivere canzoni. Io trovo che l’arte, prendendo ad esempio un determinato periodo storico, rappresenti “lo stato di salute” di una società e che possa addirittura rappresentarne una cura ai mali. Qualsiasi palco io credo che rappresenti un’opportunità, da un lato, e comporti una responsabilità, dall’altro. Il cantautore potrebbe essere “ricarcatore sociale”, “analista della società” (vedi Giorgio Gaber, ad esempio); allo stesso tempo, oltre all’analisi, il cantautore può farci ridere, piangere, sognare, riflettere (essere quindi “cura”). E gli esempi potrebbero essere innumerevoli! Fermo restando il fatto che il cantautore deve avere un senso di responsabilità, al pari di un politico, di un giudice, ecc.
Cosa consiglieresti a un artista alle prime armi che per la prima volta cerca di esprimere il suo potenziale artistico?
Io consiglierei di non avere l’ansia di diventare qualcuno, di essere a tutti i costi qualcosa. La foga di essere su un palco, di esibirsi, di far vedere/sentire al mondo le proprie capacità… gioca brutti scherzi. Piuttosto bisognerebbe focalizzare un obiettivo: capire che cosa si vuole raccontare, in che modalità, con quali strumenti (in senso lato, ovviamente!) e sulla base di questo ricercare suggestioni, stimoli, aprire totalmente i sensi, scoprire i nervi (col rischio talvolta di farsi male). La scrittura per me è analisi, è scavare le profondità, anche quando si scrive una canzone che fa scaturire un sorriso. Il discorso mi riporta sempre allo stesso punto: essere onesti, in primis con sè stessi, ripulirsi gli occhi ed osservare quello che ci circonda, senza sovrastrutture ideologiche ma con le proprie mani e le proprie gambe.
Maria Luisa Lafiandra