Incontriamo Antonella Panini, attrice, regista, coreografa. Impegnata veramente su tanti fronti: da quello dell’impegno fattivo sul palco e dietro al palco, a quello della formazione. Direttrice artistica di Mechanè Scuola di Teatro e del Centro per le Arti Ars Ventuno, ha pensato bene di mettere in scena tre testi fra il Rinascimento e il Barocco all’interno del Museo di Correggio….
Un progetto coraggioso, tanto più perché fatto con un gruppo di allievi, ma che nasce fondamentalmente da una visione molto ampia del far cultura e spettacolo…
Antonella, raccontaci innanzi tutto di questo progetto di portare gli allievi di Mechanè all’interno del Museo di Correggio. Peraltro con testi piuttosto impegnativi.
Palazzo Principi, oggi sede del museo Il Correggio, è stato da sempre un luogo di cultura poetica e teatrale. Prima Nicolò da Correggio poi Veronica Gambara hanno scritto tra quelle mura opere importanti della nostra letteratura. Portare il teatro a Palazzo Principi a Correggio è un omaggio al luogo che ha visto la creazione di uno dei primi importanti testi teatrali del primo rinascimento: La Fabula di Cefalo che Nicolò da Correggio scrisse per le nozze di Lucrezia d’Este e Andrea Bentivoglio e che la classe junior di Mechanè diretta da Gabriele Tesauri propone in questa rassegna con le coreografie di Cecilia Ligabue interpretate dalle allieve di Ars Ventuno. Le altre classi affrontano due importanti classici: da Moliere Il malato Immaginario, diretto da me stessa, che tratta delle ipocondrie contemporanee; e La vita è sogno di Calderon della Barca che Stefano Cenci ambienta proprio in un museo. Ma è anche un momento di incontro tra le istituzioni culturali della città e il Centro di formazione teatrale di Correggio Mechanè- Ars ventuno e un dialogo tra le arti.
In realtà questa tua vocazione a fare incontrare il teatro con le arti figurative è per te una scommessa quasi quotidiana che vivi giorno per giorno all’interno di Ars Ventuno…
Ars Ventuno, ex Centro Danza e Teatro Correggio è stato proprio pensato come un cantiere quotidiano dell’arte dove la danza, il teatro, le arti visive lavorano su percorsi formativi autonomi e progetti artistici condivisi. In questo contesto, Mechanè rappresenta il percorso professionalizzante di Ars Ventuno. Nell’uno e nell’altro caso ci piace pensare che il fare arte sia un’esperienza veramente ampia.
Lo spettacolo come incontro di più creatività che convergono su un unico obiettivo. Come reagiscono i più giovani nel sentirsi al centro di un progetto così avvolgente che va dai testi, alla danza, ai costumi alle scenografie?
Ars Ventuno è un progetto nato per loro e che con loro si modella. Gli spettacoli, le performances e i saggi dii fine anno diventano occasioni di scambio di creatività tra allievi e docenti delle diverse sezioni e momenti di crescita. I progetti multimediali di fine anno prevedono due importanti eventi che saranno ospitati al teatro Asioli di Correggio: Cenerentola e Selfie, autoscatti coreutici.
Di recente ti sei impegnata in una messa in scena particolare e coraggiosa, Emilia Galotti di Lessing. Un testo antico eppure modenissimo. Ce ne vuoi parlare?
Emilia Galotti è la prima edizione italiana del noto capolavoro i Lessing commissionatomi dal Teatro Ruggeri di Guastalla poiché la storia è ambientata proprio in quella città e nella sua storia. I riferimenti storiografici e il forte legame con il territorio hanno dunque fatto di questo Lessing Made in Italy un progetto originale di qualità che si pone all’attenzione del teatro italiano ed europeo grazie anche alla rosa degli interpreti, importanti artisti del teatro e cinema italiano tra i quali Pamela Villoresi. Il territorio entra nell’opera come valore aggiunto attraverso le installazioni visive di Cristina Spelti sono immagini, frammenti, ricordi video proiezioni, squarci della storia, dell’architettura, dei paesaggi guastallesi e dell’arte figurativa italiana che entrano nello spettacolo e nel tessuto drammaturgico e costruiscono le ambientazioni poetiche nelle quali si muovono i personaggi.
E i personaggi sono, come esige Lessing, caratteri, icone, efficaci in quanto simboli; tipologie di umanità che affrontano il proprio destino determinandolo. In questa mia regia lì ho voluti come evocazioni del Principe: arrivano da un altrove, come ricordi ossessivi, per abitare il presente dell’azione con verità espressiva e ritornare in quello spazio dell’oblio. In questa dimensione onirica ogni personaggio si incarna con la verità e la forza di una apparizione demoniaca. In Questa Emilia Galotti, armonizza citazioni settecentesche (i costumi sono di Andra Stanisci e le scene di Mirco Incerti) con suggestioni contemporanee al contesto storico della reale città di Guastalla per uno spettacolo di classica semplicità con tutte le tensioni di un dire contemporaneo.