Nel 1989 furono Helen Merrill e Ron Carter a proporre, forse per la prima volta nella storia della musica improvvisata, a proporre l’insolito duo basso-voce femminile. Disco bellissimo, quel Duets, tagliato sulla vocalità sobria e quasi scabra della cantante di New York, capace di raccontare con aplomb, con un’eleganza apparentemente algida, un incontenibile subbuglio interiore.
A distanza di quasi venticinque anni Roberto Bonati e Diana Torto hanno ripreso quel cammino, ma con intenzioni e risultati poetici totalmente diversi. Duets, scarnificava una serie di standard jazz, ma rimaneva dentro la tradizione della musica afro-americana. I due italiani hanno invece orizzonti più larghi. Il loro lavoro è, potremmo dire, un accumulo di memorie non solo musicali. Vi si trovano infatti memorie di poesia waka giapponese, versi di Rimbaud, le liriche dei troubadours e sequenze scat, che è pur sempre una forma di poesia stralunata, un uso assolutamente “altro” della parola. Cosi come lo sono le voci alterate dall’elettronica che aleggiano sulla nona traccia o sulla Donna dei boschi della quinta traccia (basata su versi del contrabbassista).
“Heureux comme avec une femme “ non è solo infatti un lavoro sulla sottrazione armonica e timbrica. E’anche una ricerca sul rapporto fra suono e parola, sulla capacità di evocazione che hanno entrambi. Musica e poesia hanno un loro confine sfumato, “sospeso come un falco incerto”, lungo il quale si muovono il contrabbasso, voce della terra e delle profondità ed il canto della donna, suono di etere e musica di luna. Da questa raffinata e dialettica scaturiscono storie notturne, danze, sogni di canti dispersi, presagi di tempesta, echi di parole mai dette, antichi sortilegi. Un lungo percorso di canti ed incanti. In altre parole quello che avvince tredici tracce non è e la rielaborazione di materiali poetici e musicali, ma la continua ricerca dell’indicibile.
La stessa copertina suggerisce, nel suo formato insolito, l’accumulo di cui si diceva prima: otto ante intrise di suggestive tonalità di grigio che riportano oltre alle foto dei due musicisti ed i testi poetici da loro utilizzati, graffiti di scrittura giapponese, due gioielli fotografici di Pietro Bandini, testi waka e la citazione di uno scritto di Kandinsij. Per una volta la copertina non è un accessorio utile alla comprensione di un progetto artistico ma ne è parte integrante di esso.